di VITTORIO POLITO – “La superstizione - secondo Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), scrittore, poeta, e drammaturgo - è la poesia della vita”, ma è anche l’insieme di credenze o pratiche rituali legate in particolar modo a culti e riti pagani, fondate su presupposti magici e soprannaturali. La presunzione di avere credenze e compiere pratiche, che nella valutazione della cultura e delle religioni superiori, ufficiali e dominanti, sono ritenute frutto di errore e d’ignoranza, di convinzioni prive di qualsiasi fondamento empirico e religioso. Secondo Edmund Burke (1729-1797), politico, filosofo e scrittore britannico «La superstizione è la religione degli spiriti deboli».
I primitivi ritenevano che, colpendo l’immagine del bisonte, fosse più facile uccidere l’animale durante la battuta di caccia. Nasceva così la prima forma di superstizione. Sta di fatto che molti uomini politici, attori, condottieri e sovrani, non sono riusciti a sottrarsi al peso condizionante della superstizione. La storia e la cronaca lo confermano: dalle Idi di marzo, che la moglie di Cesare riteneva nefaste, ai portafortuna di Napoleone, dalla giacca scozzese di Fred Astaire al cornetto di Totò. L’esercito dei “non vedo ma ci credo” è illimitato e giorno dopo giorno, paradossalmente, si infittisce, con un numero sempre maggiore di affiliati.
L’errore, che più comunemente commettiamo è la confusione che facciamo tra causalità e casualità, quando cioè i due eventi avvengono indipendentemente. A trarci in inganno è proprio il differente peso che attribuiamo a presenza e ad assenza. Può capitare mille volte di assistere a un incidente senza che questo sia preceduto da un gatto nero che attraversa la strada, può capitarci mille volte che un gatto nero attraversi la strada senza che niente succeda; se però capita, una volta su duemila, che i due eventi coincidano, ecco che l’associazione viene colta e viene letta come rapporto di causa-effetto, e di conseguenza enfatizzata, raccontata a destra e a manca. Altri esempi sono rappresentati dal canto della civetta, dalla rottura di uno specchio, dal passare sotto una scala, dallo spargere sale, ecc. Si tratta, fin qui, di superstizioni tradizionali, semplici e circoscritte. La superstizione, però, può divenire addirittura uno stile di vita dal momento che per certe persone, può influenzare ogni scelta, ogni comportamento. Inoltre, può proliferare. Ciascun essere umano, in tema di superstizioni, può dimostrarsi un creativo. Ciascuno può, spontaneamente, crearne delle nuove e personali (un indumento o un oggetto che “porta bene”), da aggiungere alle superstizioni antiche e tradizionali, e dunque generalizzate e generiche come il fare le corna o il dire “in bocca al lupo”.
Una accurata disamina della magia e della superstizione la fa Vito Lozito (1943-2004), nel suo libro “Agiografia, magia, superstizione” (Levante). Egli esamina il costume, la mentalità, l’atteggiamento, tenuti nei primi secoli dell’era volgare. L’uomo per esorcizzare le insidie della natura o degli spiriti malefici confezionava e portava addosso talismani, amuleti ed erbe magico-terapeutiche contro le malattie, il malocchio e le insidie del vicino. Questo tipo di credenze fu definito in generale, superstizione, residui di paganesimo, ma erano e sono, invece, testimonianze di altra cultura, di culture che erano state superate o vinte e, nel fenomeno della cristianizzazione, perseguitate, abolite, assorbite, arricchite di diversi significati simbolici. Sono le culture di tradizione greca, romana, celtica, germanica che continuavano a sopravvivere, ma relegate in second’ordine.
Per quale meccanismo l’uomo moderno, apparentemente figlio della ragione, crede che alcune figure, gesti o situazioni possano condizionare il suo destino? Forse perché è molto difficile scrollarsi di dosso i pregiudizi da superstizione che abbiamo accumulato fin dalla più tenera età.
Nel mondo della superstizione la nostra esistenza è scandita dall’utilizzo di una grandissima quantità di oggetti: dai più semplici (come la chiave), ai più complicati (come il telefono cellulare) e questi strumenti svolgono con efficacia il loro compito ogni qualvolta che ne richiediamo il loro aiuto. Molti oggetti, anche i più semplici, sono spesso contrassegnati da un’atmosfera inquietante, in certi casi diventano vere e proprie spie per segnalare, come strumenti profetici, cosa ci riserverà il futuro. Ma vi sono anche giorni e date considerati nefasti. Per rendersene conto basta osservare alcune indicazioni suggerite dalle più diffuse superstizioni che accompagnano alcuni oggetti di uso quotidiano, come indicato nel volume “Il libro delle superstizioni” di Massimo Centini (De Vecchi Editore), dal quale sono state tratte alcune di queste note. Per brevità segnalerò solo qualcuna, ma l’elenco è piuttosto lungo. Il bicchiere, ad esempio, è tra gli oggetti maggiormente utilizzati dall’uomo durante la giornata. È pericoloso osservare qualcuno attraverso un bicchiere, poiché questa azione sarà preludio di una prossima lite. Anche guardare attraverso un bicchiere rotto è pericolosissimo poiché così facendo si “chiama la sventura”, già annunciata con il danno della rottura. Attenzione se durante il brindisi un bicchiere si rompe, rappresenta un annuncio di morte! Il coltello è noto soprattutto come arma e, di conseguenza, impugnare un coltello, almeno a livello inconscio, rimanda a immagini belliche o violente, quindi maneggiarlo senza la dovuta cura può apparire come volontario segno di scontro. Ancora più difficile è comprendere perché far cadere un coltello quando si è a tavola, determinerebbe la rottura di un fidanzamento, naturalmente se il distratto che l’ha lasciato cadere si trovi in tale situazione sentimentale. La superstizione non è valida per chi è sposato… I superstiziosi traggono auspici anche dalla caduta delle forbici. Bisogna farle raccogliere da altri o, se non è possibile, camminarci sopra prima di sollevarle. Quando le forbici cadono e le punte rimangono infisse nel terreno, allora “si crede” che ciò corrisponde ad un presagio di morte. Regalare forbici equivale ad augurare del male.
La superstizione ha trovato spazio anche intorno a cose non pericolose come il pane. Prima regola non sprecare il pane. Buttarlo sarebbe un gesto destinato a condurre il sacrilego alla povertà. Infatti, il pane consacrato rappresenta il “Corpo di Cristo” e quindi al di là del valore nutritivo, riveste un ruolo sacro. Usare un pettine appartenuto ad una persona defunta, si “rischia” di seguire il precedente possessore. La scopa, oggetto emblematico del femminile, è stato sempre uno strumento intorno al quale la superstizione si è sbizzarrita. Un proverbio francese avverte: «Se pulisci la casa con una scopa verde in maggio, scopi via anche il padrone di casa…». Se una ragazza cammina sul manico di una scopa sarà madre prima di sposarsi. Questa superstizione risente, forse, dell’influenza dei numerosi riti di fecondità precristiana. Quando si cambia casa non portarsi dietro le scope vecchie, poiché così facendo si “porterebbero” nella nuova abitazione tutte le precedenti sventure. Nel folclore di numerosi paesi, si racconta che se un uomo è colpito con la scopa da una donna, diverrà impotente: una espressione figurata molto chiara per sottolineare il rischio che corre l’uomo incapace di difendersi dagli attacchi del “sesso debole”.
Nella prossima nota tratteremo dei “periodi della sfortuna”, degli “animali da tener d’occhio” e delle “azioni rischiose”.
La superstizione
Reviewed by Alessandro Nardelli
on
ottobre 22, 2021
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