Giorgia Meloni ha esposto gli emendamenti che FdI vuole proporre al Bilancio

di MARIO TAMBORRINO - Fratelli d’Italia ha presentato, nel corso di una conferenza stampa, gli emendamenti alla Legge di Bilancio che vuole proporre in occasione dell’imminente voto al Senato, previsto per il 17 Dicembre.

Nell’occasione, la leader Giorgia Meloni è tornata a parlare della manovra, criticandone alcuni punti ed esponendo alcune delle proposte mosse dal suo partito. Secondo Meloni, il disegno troverebbe difficoltà già in sede di discussione parlamentare, a causa dei molti emendamenti presentati dalle varie parti della maggioranza: “Dal numero degli emendamenti presentati dalla maggioranza si vede che non sono d’accordo nemmeno loro su questa manovra: loro ne hanno presentati 5505, noi, all’opposizione, 785”.

Quella corrente è una settimana importante per il tavolo delle trattative sulla Legge di Bilancio. Draghi e le altre cariche del governo stanno incontrando le delegazioni dei partiti e di parti esterne come i sindacati, per cercare di giungere a delle conclusioni che tendano quanto più all’univocità e concludere nei tempi previsti l’iter che conduce alla votazione. Meloni ha poi continuato esponendo le proposte mosse dal suo partito: l’istituzione di un fondo da un miliardo di euro “per gli indennizzi a chi può soffrire eventuali reazioni avverse ai vaccini”, l’eliminazione del limite all’uso del contante, che la stessa Meloni definisce come “una misura tafazziana” (che vuole significare inutile, ndr) e l’abolizione del Reddito di Cittadinanza, una proposta da tempo avallata da FdI, che preferirebbe riconvertirne le risorse in “incentivi all’assunzione per chi può lavorare e per gli altri l’assegno di solidarietà”.

La questione degli oltre 6000 emendamenti totali, ma, in generale, di un iter che si sta presentando complesso da risolvere, contribuisce al fermo in Senato del testo di Legge, che deve essere approvato definitivamente entro il 31 Dicembre. La compressione dei tempi potrebbe, come riferisce “Il Post”, far discutere e modificare la manovra in Senato, per poi farla approvare così com’è in Camera, per evitare il rischio di esercizio provvisorio, che renderebbe esecutivo il disegno in maniera graduale nel tempo, ma col rischio di generare dubbi e sfiducia agli occhi dei mercati e delle istituzioni estere.